il punto di vista
“AVANGUARDIA INTERPRETATIVA”
/ di Mag
Ripensando alla musica strumentale pianistica (poi non solo a quella) e alla sua storia “interpretativa” nel tempo non posso che rendermi conto che, essa ha avuto sempre principalmente due grandi protagonisti : IL CREATORE e L’INTERPRETE e queste due figure, almeno fino ai primi anni del XX.esimo secolo, rappresentavano due aspetti della medesima persona, è facile ricordare i Grandi Maestri del pianoforte, Chopin, Beethoven, Liszt, Schubert … creatori ed esecutori della propria musica e prima di loro, in maniera più versatile pensando alla musica strumentale in genere, anche Mozart, Domenico Scarlatti, i Bach, Haendel e via di seguito …. mentre oggi, in sostanza , è rimasta quasi solamente la figura dell’INTERPRETE.
Come mai questo ? Forse questa mutazione è dovuta all’assenza di una superiore e magistrale esperienza compositiva ? SI possono fare alcune eccezioni ? Allevi ? Einaudi ? …. Ma questi autori contemporanei si potranno mai paragonare alla grandezza dei loro predecessori ? Con tutto il rispetto, annovero il tentativo, ma ho forti dubbi, quindi si deve trovare una motivazione più profonda all’origine di questo lento abbandono della duplice figura.
L’INTERPRETE è oggi principalmente l’esecutore di una tradizione musicale
precedente, perché così gli studi accademici e classici (“conservatorili” quello che io chiamo affettuosamente : ”anni di galera”) gli hanno insegnato, siamo quindi d’accordo che il campo di azione dell’interprete, secondo i canoni dell’alta scuola, è limitato, egli, quindi, non può (non potrebbe o meglio non deve) porsi di fronte alle opere con un atteggiamento “rivoluzionario” , egli deve solamente leggere e filtrare l’opera con la propria “intelligentia” musicale derivante dagli studi, punto.
Ed è proprio a causa di questo processo di “castrazione” “interpretativa” che, impedendo di arrivare a scomporre la forma musicale data per poi ricomporla in altre forme, si è venuta a perdere la figura unica del “creatore-interprete” ed è venuta meno la prassi e l’esperienza di libertà generata dall’ improvvisazione, di conseguenza, la tradizione compositiva degli Interpreti è passata in secondo piano: gli Interpreti di oggi, restano, per lo più depositari ed espressione di una cultura precedente, che si tramanda sempre “similmente uguale” proprio grazie a quel loro tipo di interpretazione.
Non dico che non ci debbano essere anche fautori di quel “agens” interpretativo, ossia eseguire un valzer di Chopin esattamente così come è scritto, oppure una sonata di Mozart, o di Beethoven …. ma dopo centinaia e migliaia di cd o registrazioni di cui solo alcune veramente originali e memorabili, lo vogliamo dire ? …. che noia !!
Invece, se l’interpretazione riassumesse in sé l’espressione della civiltà o società in cui si realizza essa diventerebbe automaticamente “CREAZIONE” e quel l’INTERPRETE ne diverrebbe immediatamente “AUTORE o CO-AUTORE” …. solo così si otterrebbe una sempre rinnovata ritualità “interpretativa”.
Oggi può e deve esistere e si deve sollecitare una vigorosa GRANDE AVANGUARDIA di INTERPRETI musicali capaci di mettere in dubbio la SACRALITA’ DI CERTE FORME senza per questo che si dica che si voglia mettere in dubbio “LA DIVINITA’” dell’Autore e la sua virginea purezza.
Questo io voglio: assistere il più possibile ad “Opere prime” che vadano oltre il loro tempo di creazione anche se non è sempre detto che esse risultino dispensatrici di rinnovate e rare bellezze, ma tanto basta per non rientrare a far parte di quella infinita collezione di brani “legittimi” destinati unicamente ad una stretta cerchia di “pedestri” e, sia pure, raffinati ma, quantunque, ammalati cronici di nostalgia.
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