il punto di vista
27. PERCHE’ IMPEGNARSI CON LA TECNICA DELLE “VARIAZIONI”
appunto sulle mie “ XII Variazioni sulla sonata k.32 di D. Scarlatti”
/ di Mag
Applicarsi allo studio della tecnica delle variazioni è fare musica lavorando sulla memoria senza dimenticarsi delle proprie doti tecniche e di quel pizzico di fantasia che sempre allieta e sorprende.
Se da un verso si vuole conservare un patrimonio collettivo (aria, tema originale) che probabilmente è sul punto di scomparire (anche perché e magari viene a noia riproposto sempre uguale), dall’altro si cerca di tracciare nuovi modelli, di riferimento, nuove idee, nuove strade, nuovi stimoli, si cerca di intravvedere nuovi orizzonti.
La ricerca sulle variazioni mi ha sempre appassionato perché mette a dura prova le mie capacità tecniche necessarie per variare il tema dato e per esprimere le diverse idee che via via di seguito propongo ma poi mi permette di preservare fissando nella memoria (innanzitutto la mia e poi forse quella degli altri, di chi ascolta) un patrimonio artistico storico (il motivo generatore, magari anche antico) che io ritengo imprescrittibile (inalienabile) e quindi assolutamente da salvare da quel inevitabile oblio dipeso dalla continua e monotona percezione generata e perpetrata (imposta) dalla “famosa” prassi esecutiva e di repertorio.
Quanto poi a quella prassi esecutiva, che è stata applicata e praticata alcune centinaia di anni fa ed anche se si arrivasse al suo recupero, sia pure il più conforme possibile, a rigor di logica oggi il “logorio percettivo” non potrebbe che essere evidente ….
Questo recupero del pathos antico, ammetto che ha la sua importanza e, se vogliamo, fascino, per arrivare a capire meglio quello che oggi sappiamo ascoltare, ma poi è da lì che dobbiamo partire per aprire nuove strade e tracciare nuove vie esplorative che rappresentino innanzitutto noi e la nostra epoca.
E’ ora di capovolgere il punto di osservazione della storia musicale (e non solo di quella).
Prima deve esserci l’oggi-il presente, e poi il passato, senza volerlo però annullare, ma questa priorità deve essere ben chiara.
Variare i classici significa rivisitarli con curiosità seguendo la propria indole percettiva, modellare il tema con grazia e gusto oppure, con forza e aggressività, per poi lasciarsi andare in nuovi “assoli” ispirati, occultare in parte il modello tematico originale per poi raggiungerlo o addirittura non raggiungerlo più ed aprirsi a nuovi percorsi, aggirarlo per accostarvisi di nuovo.
Variare significa far uso cosciente di quella libertà che fa di ogni artista-pianista, un interprete che vuole raggiungere l’estasi, l’ebbrezza effusa in quell’incantesimo misterioso che è la musica.
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